Già autore di cinque drammaturgie teatrali e di una sceneggiatura cinematografica, Luca Pasquinelli con Giorni da Leone (Giovane Holden, Collana Battitore Libero), porta in libreria un romanzo dal tema sociale che scandaglia impietosamente i rapporti tra genitori e figli quando i genitori di ieri diventano i figli di oggi.
Leone Chiarodiluna è un figlio badante, la cui vita è interamente dedicata alla cura dei genitori anziani non autosufficienti. Una assistenza prestata senza coinvolgimento affettivo, anzi incolpando i genitori della sua mancanza, a quarant’anni compiuti, di prospettive.
Luca, il padre, tenente colonnello dell’esercito, è un uomo duro e violento che gli rinfaccia ogni centesimo speso e che lamenta necessità sempre più impellenti; la madre, invece, è una donna dolce e remissiva che però, secondo Leone, non è riuscita o non ha voluto proteggerlo dal padre. Eppure, spesso sono i genitori di oggi a essere incolpati di non essere all’altezza del ruolo, troppo deboli e apprensivi nel modo di educare… tu da che parte propendi?
È difficile dirlo. Se penso alla situazione generale, vedo genitori davvero troppo deboli e apprensivi, che cercano di essere troppo amici dei figli o che li difendono a spada tratta anche quando avrebbero bisogno di capire dove stanno sbagliando. Se invece guardo le persone vicine a me, vedo esempi di genitori straordinari e penso che sia impossibile essere migliori di così. Credo che la cosa più importante sarebbe scegliere una linea e andare avanti su quella anche se alle volte è faticoso ed è sicuramente più semplice concedere ai figli tutto ciò che vogliono o, dall’altro lato, dire sempre di no senza giustificare il perché.
Credi che i figli subiscano le frustrazioni dei genitori e le loro attese a tal punto da non poter spiccare il volo?
Credo che molti genitori non capiscano che la prima infanzia sia il periodo più delicato, dove in un certo senso ci si gioca gran parte del futuro. Riuscire a sorreggerli, guidarli e farli sentire amati in modo completo può dar loro la forza di spiccare il volo quando l’occasione è propizia. Parlando di volo, è istruttivo guardare come i volatili si comportano con i loro piccoli. Non esitano di fronte a nulla pur di proteggerli e sfamarli ma nel frattempo li spronano subito a volare.
L’altro tema fondamentale è quello del caregiver, di chi accudisce i genitori per scelta o per obbligo. Senso di colpa, piagnistei, paura del giudizio della gente, dovere morale, ricatto: dove sta il giusto equilibrio? Ovvero, fino a che punto è giusto sacrificarsi? Cosa pensano al riguardo Leone e Luca?
Luca pensa che bisogna avere la forza di demandare, chiede aiuto concreto e riuscire a guardare le cose da un punto di vista distaccato. Solo così si può fare qualcosa di buono per la persona malata e per se stessi. Non bisogna mai confondere il caregiving con una sfida contro se stessi per dimostrare quanto si è forti e bravi nel resistere. In fondo, penso che anche Leone sarebbe d’accordo.
Leone riuscirà, alla fine, a liberarsi dei fantasmi del passato?
Da un lato Leone non può e forse non vuole liberarsi dei propri fantasmi perché senza di loro ha paura di non sapere più chi è né cosa può fare. D’altra parte sente sempre più frequentemente una voce dentro di sé che lo spinge a cercare la libertà dal passato. Senza anticipare troppo, di sicuro Leone arriverà ad un punto di rottura che lo spingerà a prendere una decisione molto importante.
Un’ultima domanda: tirando in causa la Onlus “Siamo Tutti Circe”, quale altro argomento delicato hai potuto trattare? Ti stava particolarmente a cuore?
La tratta delle prostitute è un argomento che mi sta molto a cuore fin dalla prima giovinezza. Io sono cresciuto a Genova, la città dei famosi “caruggi”, ossia i vicoli dove puoi trovare ad ogni ora del giorno personaggi di ogni genere. In quelle strade la figura della prostituta è sicuramente una delle più presenti. Mi ha sempre colpito pensare a cosa deve fare una donna per poter sopravvivere. Non parlo infatti di chi sceglie liberamente quella professione ma da chi ci è costretta e non vede via d’uscita. Ho sempre pensato fosse una delle peggior forme di schiavitù.
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