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ISTANZE MUSICALI MAGGIO 2025

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Davide Perico è un compositore, produttore e sound designer italiano con oltre trent’anni di esperienza nel settore musicale. Nato a Bergamo e attualmente residente in provincia di Milano, ha iniziato il suo percorso con studi classici, proseguendo poi con una specializzazione in ingegneria del suono. Polistrumentista, suona pianoforte, tastiere, basso elettrico e chitarra, strumenti che utilizza per creare composizioni che spaziano tra elettronica, orchestrale, jazz fusion e lo-fi.

La sua carriera è segnata da una notevole versatilità, con contributi significativi nel mondo del cinema e dei videogiochi. Ha composto colonne sonore per film come Darkness Within e The Cobbler’s Wife, e per videogiochi tra cui Zerospace, Darkrise e The Repair House. Il suo lavoro si distingue per la capacità di fondere elementi tradizionali e moderni, creando esperienze sonore immersive e coinvolgenti.

Davide è attivo come produttore musicale, con una particolare attenzione al genere lo-fi. Le sue tracce sono state incluse in playlist editoriali su piattaforme come Spotify, Apple Music e Amazon Music.

Nel corso della sua carriera, Davide ha ricevuto numerosi riconoscimenti. È stato premiato dal Comitato Nazionale Italiano Fair Play per la creazione dell’inno dell’evento “Fair Play for Life”. I suoi video musicali in computer grafica hanno ottenuto premi in festival cinematografici internazionali come il Vesuvius International Film Fest, il Black Swan International Film Festival e il London International Film Festival. 

 

TIMELESS SOUND, INFINITE VISION … un motto, una idea della musica. Parti da questa frase che ho trovato sul tuo sito per raccontarci qual è la tua cifra distintiva e la tua visione della musica.
È una frase che porto con me da tempo, e che riassume il senso del mio lavoro musicale. “Timeless sound” perché cerco suoni che vadano oltre le mode, che resistano al tempo e che si rivolgano a una parte profonda dell’ascoltatore. “Infinite vision” perché ogni brano per me è una finestra su un mondo: un paesaggio mentale, emotivo o filosofico. Non mi interessa fare musica solo “bella”, voglio creare esperienze, qualcosa che possa vibrare anche interiormente. E per farlo, spesso mescolo generi e linguaggi: il lofi, il jazz, la musica ambient, l’elettronica, la classica… Non è una fusione caotica, anzi: c’è un disegno, una disciplina. Ma una disciplina al servizio della libertà creativa. Ecco, forse questa è la mia cifra: uno stile aperto ma rigoroso, che invita chi ascolta a perdersi — e magari a ritrovarsi.

 

Sei un compositore poliedrico: componi musica per film, media e video games. Sono curiosa di capire come si progetta la musica per i video games.
Comporre per videogiochi è un lavoro affascinante e, allo stesso tempo, molto tecnico. A differenza del cinema, dove le scene scorrono in maniera lineare, nel mondo del gaming tutto può cambiare in base alle scelte del giocatore. Quindi la musica deve essere flessibile, interattiva. Io la costruisco “a strati”, un po’ come se fossero dei blocchi Lego: creo moduli sonori che possono essere messi insieme in modi diversi, a seconda di quello che accade nel gioco. Ci sono momenti in cui la musica deve salire di intensità senza soluzione di continuità, altri in cui deve diventare quasi impercettibile, per non disturbare. Serve una grande sinergia con gli sviluppatori: è un lavoro di squadra dove la musica diventa parte del gameplay. E poi c’è la parte più creativa, che adoro: costruire universi sonori che diano un’anima ai personaggi, ai mondi, alle emozioni che il gioco vuole far vivere.

 

⁠Come il tuo background nella musica classica ti aiuta ogni giorno nella composizione di musica elettronica.
La formazione classica è stata fondamentale per me. Onestamente non posso definirmi un compositore classico in senso stretto, dato che non ho completato il percorso di studi accademico, piuttosto un amante della musica classica. Questo amore è sempre percepibile in ogni mio lavoro, ad esempio anche quando compongo un pezzo lofi o ambient. La differenza è che magari uso un sintetizzatore al posto degli archi, ma nella mia testa so che ogni suono ha un ruolo preciso, come in una orchestra sinfonica. La musica classica mi ha insegnato il rispetto per la forma, l’attenzione ai dettagli, l’arte del “dire senza gridare”. E questo vale anche quando produco un brano elettronico di pochi minuti. Anzi, in un certo senso è anche più difficile, perché devi dire tanto in poco spazio. Ma è anche lì che sta la bellezza.

 

⁠Hai ricevuto prestigiosi premi per la musica da film. Vuoi parlarci della tua lunga esperienza in questo genere raccontandoci qualche aneddoto/tassello chiave della tua biografia?
Uno degli episodi più significativi — e anche emozionanti — della mia carriera risale agli inizi. In realtà, tutto è nato un po’ per caso. Avevo pubblicato su Twitter un breve rescore, cioè una mia personale reinterpretazione musicale di un cortometraggio animato. Era un esercizio creativo, una cosa fatta per passione, senza alcuna pretesa. Ma evidentemente aveva qualcosa di speciale, perché una regista americana — che non conoscevo affatto — lo ascoltò, mi scrisse in privato e mi disse: “Ehi, questa cosa mi ha colpita. Ti va di lavorare insieme su un cortometraggio?” Così è nato il mio primo lavoro ufficiale nel mondo della musica da film. Abbiamo collaborato a distanza, con una sintonia immediata e naturale. il corto ha poi partecipato a diversi festival e ha ricevuto numerosi premi per la musica. Ed è lì che ho avuto la certezza che quella poteva davvero essere la mia strada. Fare musica che dialoga con le immagini, con le storie, con l’immaginazione altrui — è qualcosa che mi emoziona ancora oggi come allora. E da quel momento in poi non mi sono più fermato.

 

Quando la musica racconta il pensiero filosofico… parlo del tuo nuovo album. Raccontaci tutto!
Discipline of Freedom è forse il progetto più intimo e ambizioso che ho realizzato finora. È nato durante un periodo di grande introspezione, in cui sentivo il bisogno di unire la mia passione per la musica con quella per la filosofia — in particolare con il pensiero di Friedrich Nietzsche. Ho sempre trovato in Così parlò Zarathustra una fonte inesauribile di immagini, domande, provocazioni. Non ho mai voluto “spiegare” Nietzsche in musica — sarebbe impossibile — ma piuttosto lasciarmi attraversare dai suoi temi e trasformarli in suono.

Il titolo stesso, Discipline of Freedom, è un ossimoro apparente, ma che contiene un’intuizione importante: la vera libertà non è fare tutto ciò che si vuole, ma saper scegliere con consapevolezza, attraverso una forma di rigore creativo. Ho voluto esplorare questo equilibrio: tra spontaneità e struttura, tra istinto e pensiero. Ogni traccia è ispirata a un passaggio o a una figura del testo di Nietzsche. Per esempio, “The Child with the Mirror” prende spunto dalla celebre immagine dei tre stadi dello spirito — il cammello, il leone e il fanciullo. Il bambino, per Nietzsche, è simbolo di rinascita, di gioco, di innocenza creativa. Nella musica ho cercato di evocare proprio quella leggerezza che però nasce dopo aver attraversato il peso e la lotta.

Il progetto è nato in collaborazione con Mellow Dive, un vero sodale, straordinario ed umilissimo chitarrista romano.

Discipline of Freedom è pensato per essere ascoltato in silenzio, magari in cuffia, in un momento di pausa. Non è musica di sottofondo: è musica che ti guarda dentro. Non pretende di spiegare la filosofia, ma forse può risvegliare il desiderio di porsi nuove domande. Ed è questo, credo, il senso più profondo della mia musica.

 

Chi sono

31 anni, blogger, agente letteraria e mamma di Gemma e Tessa. Credo fermamente nella bibliodiversità e nelle realtà editoriali indipendenti, le quali spesso nascondono perle di cui pochi sono a conoscenza.

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