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L’inferno è una buona memoria

Categorie: Libri

“C’era una bella storia, questo è certo. Dentro a ogni bella storia però ce ne sono molte e se ne ricorderemo una meglio delle altre forse non è perché era la più bella, ma perché qualcuno ha deciso che quella – proprio quella – era da raccontare e ri-raccontare più di tutte, fino a farne una tradizione.”


Oggi vi parlo dell’ultimo romanzo di Michela Murgia, “L’inferno è una buona memoria – Visioni da Le nebbie di Avalon” (edito Marsilio). Ho amato questo libro e mi manca molto leggerlo, peccato che sia così corto da finire in un fiato.

Perché mi è piaciuto così tanto? È semplice, in questo romanzo c’è tutto il percorso che la Murgia ha compiuto nel corso della sua vita; percorso intellettuale, ma soprattutto percorso umano. Ripercorre ogni passaggio della sua vita in costante dialogo con i personaggi presenti ne “Le nebbie di Avalon” di Marion Zimmer Bradley.

Una premessa importante

Premessa importante che devo fare prima della recensione. Questo libro fa parte della collana PassaParola di Marsilio, la quale è riuscita a realizzare un progetto che trovo meraviglioso. Questo progetto permettere a scrittori italiani di raccontare le vicende che li legano ad un libro che per la loro vita ha avuto un significato importante. Trovo meraviglioso questo progetto perché pone le basi per una situazione quasi magica: gli autori diventano a loro volta lettori, in un interscambio continuo tra loro e noi e in un intreccio costante tra le loro biografie e quelle di chi li ha preceduti.

Crescita e formazione di Michela Murgia

Partendo dalla sua infanzia, Michela Murgia ci dice che era una bambina molto curiosa che aveva un grande nemico: la noia. Questa noia era alimentata dalla ripetizione, sempre uguale, delle favole della tradizione. Favole che, magari, vedono le femmine essere pacate, servizievoli e delle brave donnine di casa.

L’innamoramento di Michela Murgia con l’opera di Zimmer Bradley

La scrittrice è stata folgorata dalla lettura del romanzo di Zimmer Bradley e la storia raccontata in esso l’ha cambiata nel profondo. “Le nebbie di Avalon” è un atto di rivolta narrativa, che introduce nelle storie arturiane un’altra storia (c’è sempre una storia dietro alla storia), quelle delle donne che vi sono protagoniste ma il cui ruolo viene spesso e volentieri taciuto. Le streghe presenti nel romanzo di Zimmer Bradley sono donne che tessono i destini degli uomini a loro vicini. Potete capire anche voi la distanza esistente tra questo tipo di donne e quelle presenti nelle favole che venivano raccontate alla scrittrice da bambina.

La presa di coscienza

Nel libro c’è un passaggio molto chiaro nel quale l’autrice confessa l’inizio del suo cambiamento di prospettiva, o comunque di presa di coscienza:


Salii sulla nave con in borsa quel librone da viaggio con avventure cavalleresche un tanto al chilo senza immaginare che si trattava di uno degli atti di militanza più forti che mi sarebbe capitato di vedere nella vita, ma l’ho compreso prima ancora di arrivare alla pagina 10, quando era già evidente che quella che fino a quel momento avevo considerato come “la storia di Artù” o al massimo quella “dei cavalieri della tavola rotonda” era in realtà la storia di Morgana, di Igraine, di Viaviana, di Morgause e di Ginevra.”


Senza che il lettore se ne renda conto, “Le nebbie di Avalon” raccontate da Michela Murgia diventa un libro genealogico prima che un romanzo fantasy o mitologico. Leggendo “L’inferno è una buona memoria” capiamo quasi subito che l’attenzione dell’autrice va ad un personaggio in particolare: Viviana, donna sola e dotata di pienezza di potere che con visione strategica e umanissima volontà riesce a rimanere spietata nelle scelte.

Il femminismo

Addentrandoci nella storia di Avalon e nei pensieri di Michela Murgia capiamo bene le motivazioni importanti per il femminismo che difende e del quale è portavoce.

Leggendo “L’inferno è una buona memoria” ho sentito proprio la mano dell’autrice prendere la mia e accompagnarmi tra domande e risposte riguardanti una figura femminile che nei romanzi è stereotipata ed emarginata dai giochi di potere.

Femminsimo contro varianti di femminismo

Dall’altro lato, il romanzo di Michela Murgia risulta essere un ottimo discorso che mette in guardia da quelle varianti di femminismo della donna / care, una donna che si prende cura. Questa è la peggior definizione di femminismo che determina la regola per cui se una donna vuole essere trattata come un uomo deve comportarsi meglio di lui.


“L’indocilità del femminile rispetto al maschile verrà pagata cara, a comprova del fatto che appena la donna magico-mistica esce dai ranghi del servizio all’uomo, il suo potere diventa la sua condanna”.


È per questo motivo, forse, che considero “L’infermo è una buona memoria” un libro che propone la versione più innovativa e progressista del concetto di femminismo.

Chi sono

31 anni, blogger, agente letteraria e mamma di Gemma e Tessa. Credo fermamente nella bibliodiversità e nelle realtà editoriali indipendenti, le quali spesso nascondono perle di cui pochi sono a conoscenza.

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