Breaking News:

Lo strano caso di Henri Girard

Autore: Philippe Jaenada

Editore: Sellerio Editore

Categorie: Libri | Lina Morselli

Cari lettori, oggi la nostra Lina Morselli ci parla del romanzo “Lo strano caso di Henri Girard” di Philippe Jaenada (Sellerio Editore).

Questa è la storia di un’indagine su un pluriomicida. Se ne dovrebbe consigliare la lettura agli appassionati di gialli, e sì, di certo qui trovano pane per i loro denti. Ma questo è un libro complesso, ricco di storia e storie, e giunge a un pubblico vastissimo, fino a conquistare anche chi di noir ne sa poco. Non per nulla nel 2017 ha vinto il Prix Femina, uno dei grandi premi letterari europei. 

IL PROTAGONISTA

Henri Girard, nato nel 1917 a Montpellier e deceduto a Barcellona nel 1987, è uno scrittore francese che si è affermato anche come giornalista d’inchiesta e sceneggiatore cinematografico. Il suo libro più famoso  è “Il salario della paura”, da lui firmato con lo pseudonimo di Georges Arnaud, e diventato un film di Clouzot, dal titolo “Vite vendute”, con Ives Montand come protagonista. 

La fama gli giunge attraverso vie tortuose e drammatiche: la perdita della madre da bambino, una famiglia ricca e alquanto snob, il rifiuto della nuova compagna del padre, il legame di odio e amore con la zia zitella, ne fanno un giovane ribelle, inconcludente, spendaccione, attaccabrighe, provocatore, truffatore, bugiardo, e in definitiva antipatico. Il suo tempo lo passa dilapidando i sostanziosi contributi che il padre continua ad elargire, seppur dopo grandi scenate e litigi a volte anche violenti. A ciò si aggiunga un contesto ambientale non certo facile: la giovinezza di Henri è tutta dentro la guerra, e per di più i vasti e ricchi possedimenti terrieri sono tutti nel territorio della Repubblica collaborazionista di Vichy, compreso il castello di famiglia, un oscuro e labirintico maniero in un paesino sperduto nella Dordogna. 

L’EFFERATO DELITTO E L’SSURDO PROCESSO

E così, in una notte brumosa di ottobre del 1941, nell’avito castello di famiglia, vengono brutalmente trucidati il padre, la zia e la vecchia domestica. Unico sopravvissuto, guarda un po’, è proprio il giovane Henri, che giorni prima ha insistito a riunire laggiù i due familiari, e davanti agli inorriditi poliziotti resta impassibile e freddo, continuando a fumare una sigaretta dietro l’altra. L’arma del delitto è una vecchia roncola, che proprio Henri ha chiesto in prestito il giorno prima alla famiglia dei custodi, sul luogo del delitto c’è un suo guanto, bastano poche informazioni per sapere che il giovane disgraziato è ancora una volta in bolletta e pieno di debiti, e la sera precedente, stando a quanto si dice in paese, ha avuto un ennesimo litigio col padre e la zia per avere denaro. Infine, non appaiono segnali di scasso su porte e finestre, quindi l’assassino doveva essere dentro le stanze del castello. Sì, c’è una finestra aperta in un bagno a piano terra, ma da fuori non si apre. Se due più due fanno sempre quattro, va da sé che il colpevole è Henri. E fino a metà libro, vengono puntualmente illustrate tutte le ragioni che inconfutabilmente hanno indotto investigatori e giudici ad accusare il giovane e a mandarlo in carcere preventivo. Si arriva così al processo, ma per una serie di circostanze a dir poco assurde, oscure e complesse, Henri Girard, verrà assolto. Il resto della sua vita sarà una serie di alti e bassi, fra periodi di miseria in Sud America, dilapidazione irreversibile di tutto il patrimonio di famiglia, tre matrimoni, due figli, la fama finalmente raggiunta e il suo successo come scrittore. Ma sempre, sempre graverà su di lui quella notte del 1941, e sempre, sempre, il mondo si dividerà in due, fra innocentisti e colpevolisti.

L’AUTORE E LA SUA INDAGINE

Facciamo un passo indietro e concentriamoci adesso sull’autore Philippe Jaenada, scrittore poco più che cinquantenne, felice e realizzato marito e padre, un po’ troppo largo di giro vita, ma sveglio e con un fiuto da segugio. I casi della vita lo portano a conoscere, alcuni anni fa, il nipote di Henri, che non ha certo il carattere intrattabile del terribile nonno, ma gli somiglia fisicamente e soprattutto ne ha un ricordo buono. I due diventano amici, ma proprio amici veri, e Philippe si lascia convincere ad indagare ancora su quell’omicidio da film horror. Così comincia una ricerca certosina su tutti i documenti possibili e immaginabili, sugli articoli di giornale, sui filmati, sulle interviste, fino all’atto finale: trascorrere da solo una settimana in Dordogna, ai piedi del castello, per ripercorrere tutta la vicenda sui luoghi originali e fare luce, se possibile, dove ancora c’è buio. E di buio ce n’è da vendere, anzi, tutta la storia non sta proprio in piedi. Basta partire da quella famosa finestra che non si apriva, e dimostrare, incrociando testimonianze e vecchie fotografie, che non era vero, si apriva dall’esterno con poca fatica. Quindi ha mentito chi è passato di lì e ha insistito su quella stessa finestra chiusa, ha mentito sui suoi movimenti quella sera, ha mentito sui suoi tempi e spostamenti del giorno prima e del giorno dopo, è falso anche che in paese ci fosse accordo e stima con i castellani, sono inconsistenti le affermazioni sulla roncola e sui rapporti famigliari, non è vero che Henri sia il debosciato descritto negli atti del processo. E colpo su colpo, Jaenada ribalta la storia, con una precisione e una dovizia di dettagli da far impallidire Poirot. Henri è innocente, e si può addirittura ipotizzare l’identità del vero assassino (che ovviamente qui non si dice!). Peccato che il colpevole e l’innocente siano già passati a miglior vita, peccato che la giustizia abbia miseramente fallito. 

LO STILE E LE PARENTESI

Quello appena descritto è il nucleo del libro, che però contiene molto di più: tutta la vita di Henri, la Francia di Vichy, i primi movimenti della Resistenza, l’atteggiamento dei nazisti, l’insufficienza delle indagini e della magistratura (situazione ahimè ancora attualissima …), l’indagine che si fa sociologica e antropologica quando si addentra nelle vite e nelle motivazioni dei custodi del castello e del loro figlio. Ma forse il più sorprendente di tutti è proprio l’autore, che si fa a sua volta personaggio: commenta, riflette “ad alta voce”, non si sottrae a mettersi in gioco per primo con emozioni, disillusioni, scoperte e felici sorprese. Nell’indagine c’è lui, come scrittore e come uomo, spesso immedesimato nelle situazioni e nei personaggi, fino a simulare eventi e reazioni col suo stesso figlio, o con sua moglie. Per questo filone narrativo, collaterale, certo, ma attualissimo e fortemente personale, non si serve di capitoli in più: Jaenada riprende, rivaluta ed esalta il valore delle parentesi. Molto avviene dentro queste lunette grafiche, come se non fosse possibile sottrarsi a quello che viene definito “pensiero laterale”, che tutti noi sperimentiamo più volte al giorno: quando leggiamo il giornale, quando studiamo, quando ci assorbe il libro del momento, mentre ascoltiamo la tv. Ci facciamo commenti, battute, considerazioni, domande, da soli, e spesso ricordiamo gli eventi proprio attraverso una particolare concatenazione di pensieri. Ecco: Jaenada si è inventato uno stile che non lascia tregua perché ricalca il nostro stesso ritmo di attenzione, il nostro modo di apprendere, e lo fa con la naturalezza del nostro stesso quotidiano pensiero. Per questo non riuscirete a smettere la lettura fino alla fine, per questo andrete avanti, come stregati, e alla fine di un capitolo vi sentirete obbligati ad iniziare il successivo. Ed è così che saranno entusiasti di questo libro lettori giallisti e non. Chapeau. 

Chi sono

31 anni, blogger, agente letteraria e mamma di Gemma e Tessa. Credo fermamente nella bibliodiversità e nelle realtà editoriali indipendenti, le quali spesso nascondono perle di cui pochi sono a conoscenza.

Loading

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *