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Mangereta

Mangereta

Autore: Adalberto Maria Merli

Editore: La Nave di Teseo

Categorie: Libri | Lina Morselli

Cari lettori, oggi Lina Morselli ci parla di un romanzo intenso che ha come sfondo l’Italia della Guerra e dei primi anni della ricostruzione: “Mangereta” di Adalberto Maria Merli, edito da La Nave di Teseo.

L’AUTORE

In Friuli, chi mangia molto, con voracità e in continuazione, è chiamato “mangereta”, ed è così che viene definito dalla zia il piccolo Berto, in queste vicende autobiografiche dal 1943 al 1952, ovvero dai 3 ai 13 anni del nostro narratore protagonista. Mai come in questo caso il termine “protagonista” appare opportuno, perché Berto altro non è che Adalberto Maria Merli, ovvero uno dei più importanti attori di televisione e cinema del nostro dopoguerra, doppiatore ufficiale dei grandi di Hollywood, come Jack Nicholson, Clint Eastwood, Malcolm McDowell, Ed Harris, Michael Caine, Lino Ventura ed altri ancora. Ha lavorato con i registi più esclusivi del cinema italiano (cito per tutti  “La villeggiatura” di Marco Leto e “La prima notte di quiete” di Valerio Zurlini). Per la TV ha vissuto la grande stagione degli sceneggiati, gli appassionati lo ricordano in “E le stelle stanno a guardare”, ma soprattutto nei panni del malefico Duca di Gloucester in “La freccia nera”. Ebbene sì, “la sporca canaglia” citata nella sigla iniziale era lui, gobbo e con un naso enorme!

IL FRIULI E CORTINA

Il racconto di Mangereta è una catena di eventi che hanno come sfondo l’Italia della guerra e nei primi anni della ricostruzione. La famiglia Merli, composta dal padre umbro, dalla madre friulana e da quattro figli maschi, da Roma si trasferisce al Nord, prima a Percoto (UD) e poi a Fontanafredda (PN), dai nonni materni. Mentre il padre continua il suo lavoro di funzionario presso l’ambasciata giapponese, il piccolo Berto e i suoi fratelli scoprono un mondo. Si sono liberati del fastidioso obbligo di vestirsi da Balilla e hanno lasciato amici romani con i quali giocavano a nizza (per molti, la lippa), in compenso ora scoprono odori, sapori, gesti e paesaggi che resteranno impressi in tutti loro. La stalla, la polenta col latte, i racconti serali, devono però interrompersi bruscamente dopo un altro bombardamento, e stavolta la meta è Cortina. Nel capoluogo ampezzano, ben diverso da come oggi lo vediamo, i ricordi passano attraverso il dialetto, lo slittino e i primi sci, mentre le sorti della guerra si ribaltano e i giapponesi scappano, lasciando alla famiglia Merli arredi e valori dell’ambasciata.

PARTIGIANI E AMERICANI

L’arrivo dei partigiani ribalta scena e attori, ma nei ricordi di Berto restano abiti laceri, movimenti guardinghi che accomunano i gendarmi di prima, e i vincitori di poi: “Vederli così, in quello stato, i gendarmi e i partigiani si somigliavano, non si capiva chi fosse il vinto e chi il vincitore”. Poi arrivano pure gli americani. Berto (e con lui i cortinesi) non avrà un buon rapporto con i nuovi soldati, ma i veri problemi li vivrà quando i partigiani di stanza a Cortina requisiranno tutti i loro averi, ritenuti bottino di guerra, e la vita del padre, considerato nemico, sarà in pericolo. Il cugino della madre, Bepi Fregogna, considerato il capo partigiano del Friuli Venezia Giulia, con la sua autorità indiscussa salverà la vita ai Merli, Berto sarà sollevato guardando la sua famiglia ancora viva e unita. I colpevoli verranno condannati, ma tutti i loro averi non saranno mai recuperati. 

ROMA NELL’IMMEDIATO DOPOGUERRA

La guerra è finita e si può tornare a Roma, dopo un saluto ai nonni di Fontanafredda e una sosta a Montone, in Umbria, dai nonni paterni. Roma, per Berto, è difficile adesso da riprendere e rivivere: distrutta, caotica, disordinata e sporca, con bande di ragazzini teppistelli dai quali stare alla larga e difendersi: “Era troppo chiedere che fossero anche buoni visto che la vita, oltre alla povertà, aveva riservato loro ben poche speranze”. E soprattutto la casa dei Merli ora è abitata da sfollati, con i quali la forzata convivenza parte in salita, tra le reciproche diffidenze. Poi il tempo, la volontà, il palese legame che si è creato tra un fratello di Berto e la figlia degli inquilini, trasformano il rapporto fino a rendere doloroso l’inevitabile distacco. C’è tutta una vita da ricostruire, i ragazzi crescono e con loro Trastevere e tutta Roma. Berto va al cinema, legge L’Avventuroso e Sogno, passa le serate estive ad ascoltare (senza vedere perché non ci sono i soldi per l’ingresso) gli spettacoli a Villa Borghese, alla Casina delle Rose, con Dapporto, Rascel, Walter Chiari, Teddy Reno, Rabagliati e molti altri. E per la prima volta va al mare, con un costume fatto a mano, il pranzo al sacco e il biglietto di andata e ritorno su un bus affollatissimo. Spesso, alla sera, è bello uscire a cena, nella trattoria del quartiere, ma come “fagottari”: ci si porta la cena in pentola da casa, e fuori si ordina solo da bere o poco più. Tra i suoni della Roma che torna a vivere ci sono anche i gracchianti altoparlanti dei partiti che si preparano alle prime elezioni, le canzoni di Claudio Villa, le litanie imparate per la Prima Comunione, la prima poesia recitata a memoria in pubblico, con la lingua che si intorcina (debutto fallimentare per chi poi sarebbe diventato un attore coi fiocchi!)

ATTORE E SCRITTORE

Il resto della storia mantiene il ritmo battente e puntuale dei ricordi, in equilibrio tra affetti famigliari, pezzi di vita di quartiere, riflessioni, episodi capaci di commuovere come di strappare sonore risate, ed è giusto che siano i lettori a lasciarsi affascinare da questa singolare affabulazione. Ma è certa la grande sorpresa che coglie chi arriva alla fine di questo libro, dove un uomo di spettacolo riesce ad entrare a pieno titolo nel ruolo di scrittore. E non lo fa come ennesima dimostrazione della sua bravura attoriale: qui è l’uomo che si lascia andare alla memoria, sceglie di condividere il bisogno di fissare momenti, immagini ed emozioni, fino a dare la sensazione di essere colto nell’atto di fare ordine nel proprio vissuto, così da poterlo rendere leggibile anche per noi, oggi. Adalberto Maria Merli riesce a dar voce al sé bambino, lo rivive col lettore, e miracolosamente riesce a non dare giudizi, facendosi storico solo di se stesso e dei propri affetti. Forse proprio per questo affiora spesso una serena accettazione dei fatti, una sensazione di candore e bontà infantile, che conserva la freschezza e l’immediatezza di una lingua semplice, ma non per questo meno suggestiva ed incisiva. I lettori più giovani entreranno in un pezzo di storia come in un film neorealista, chi invece ha passato gli –anta prenderà per mano Berto, e con lui ripercorrerà un’infanzia che forse per l’ultima volta ha accomunato una generazione vivendo gli stessi giochi, maneggiando gli stessi oggetti, respirando la stessa aria di scoperta con i pantaloncini corti. Grazie, quindi, al grande attore, e benvenuto ad un nuovo scrittore, ancor giovane ed entusiasta.

Chi sono

31 anni, blogger, agente letteraria e mamma di Gemma e Tessa. Credo fermamente nella bibliodiversità e nelle realtà editoriali indipendenti, le quali spesso nascondono perle di cui pochi sono a conoscenza.

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