Cari lettori, oggi voglio consigliarvi il nuovo libro dello scrittore ticinese Davide Buzzi dal titolo “Memoriale di un anomalo omicidio seriale”, edito dalla casa editrice toscana 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni.
Ho avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con l’autore e qui sotto puoi trovare l’intervista completa.
DI COSA PARLA IL ROMANZO
Si tratta del romanzo autobiografico (spoof) di Antonio Scalonesi che, tramite la sapiente penna di Buzzi, si propone al lettore nelle vesti di un memoriale raccontato in prima persona, frutto dell’interrogatorio ad un uomo, Scalonesi appunto, che il 21 novembre del 2011 si presenta presso gli uffici di Lugano della Procura Pubblica del Cantone Ticino, in Svizzera, per confessare di essere un assassino seriale.
TRAMA
Chi è Antonio Scalonesi? Un affermato mediatore immobiliare, riservato e preciso, e uno sportivo con alle spalle una discreta carriera di ciclista d’Élite, oppure un assassino dotato di un’intelligenza decisamente al di sopra della media, un killer spietato e calcolatore? Sarà lui stesso a raccontarcelo attraverso le pagine di questo memoriale. Sarà lui stesso a rivelarci come la curiosità e la sete di vendetta possono condurre un uomo apparentemente pacifico al di là di ogni confine morale, senza provare alcun pentimento per i crimini compiuti.
L’INTERVISTA
1) È difficile incontrare una persona con una vita professionale ed artistica ricca come la tua: sei un ex militare, ex poliziotto, ex assicuratore, fotografo, cantautore, giornalista e scrittore. Come è stato possibile dedicarsi a tutte queste attività e soprattutto, come è possibile conciliarle?
Ho avuto una vita assai operosa, se così vogliamo dire, ma non è che ho svolto queste attività e professioni tutte insieme. La mia professione originale è quella di fotografo, che però ho esercitato pochi anni. Oggi la fotografia fa solo da complemento alla mia attività di giornalista. Nelle forze dell’ordine ho lavorato a fine anni ‘90 e in seguito, per una quindicina di anni, ho svolto la professione di assicuratore. Cantautore lo sono da sempre e scrittore da poco. Diciamo che conciliare non è difficile, c’è sempre un tempo per tutto e spesso i capitoli della vita si rinnovano quando arriva la conclusione di un ciclo precedente. Alla fine tutto il mio vivere è legato al desiderio di scoprire e al bisogno di creare.
2) Prima di parlare del romanzo, vorrei inquadrare questa storia nella cornice del genere migliore per rappresentarla. Il tuo libro è stato definito romanzo biografico di genere spoof, puoi spiegarci cosa si intende con questa definizione?
Lo spoof è un tipo di espressione letteraria, cinematografica o documentaristica che fonde situazioni o eventi reali con ricostruzioni di pura fantasia, in modo da ottenere una storia completamente falsa, ma talmente verosimile da riuscire ad ingannare il pubblico… In poche parole lo spoofing è una grande menzogna. Questo genere è soprattutto in voga in America e molto meno in Europa, ma si può dire che nella storia dell’umanità la manipolazione dell’informazione è presente da sempre. Lo spoof per essere credibile deve avere delle fondamenta solide, fonti sicure che possano reggere il confronto in caso di indagini, documentazione accurata che possa comprovare la storia, ecc. Per questo si crea anche un contorno verosimile, fatto di documenti falsi e notizie parzialmente manipolate così che alla fine ne sortisce una nuova verità, completamente falsa ma talmente credibile da essere presa per oro colato. È il principio delle fake news che invadono la rete, ma è anche una strategia che spesso viene stata usata dai servizi segreti di molti paesi con l’intento di preparare dei colpi di Stato, ordire rivoluzioni o scatenare guerre. Tanto per fare un esempio pratico, la seconda guerra del Golfo venne scatenata con la giustificazione che l’Iraq di Saddam Hussein si stava dotando di un arsenale di distruzione di massa. Peccato che tutte le prove che furono presentate (poi rivelatisi infondate) quali giustificazioni per l’intervento armato fossero tutte un enorme Spoof.
3) Ed ora veniamo al protagonista del tuo romanzo: Antonio Scalonesi. Chi è?
Nel periodo in cui la sua follia inizia a rivelarsi, Antonio Scalonesi è un immobiliarista trentatreenne residente in una valle di montagna della Svizzera Italiana. Ex sportivo d’elite, l’uomo in passato è pure stato un ciclista semiprofessionista di ottimo livello, non è sposato e non ha alcun tipo di legame famigliare, essendo i genitori entrambi deceduti da tempo. Quello che si sa è che abbiamo a che fare con una persona apprezzata da chiunque e che mai in passato aveva creato problemi.
La verità delle cose, tuttavia, spesso ha una faccia diversa da quella a tutti visibile, tant’è che nessuno conosce l’indole reale di questo personaggio. L’intera vicenda viene a galla solo l’11 novembre 2011, quando Scalonesi entra nel palazzo della Procura della Repubblica e del Cantone Ticino di Lugano e chiede di incontrare l’allora Procuratore pubblico Giuseppe Cortesi, al quale confessa di essere un serial killer. Improvvisamente sulle spalle del Procuratore pubblico Cortesi piomba un racconto dai risvolti terribili e inimmaginabili, una lunga serie di delitti che a partire dal 2004 e fino al 2010 si dipana fra Svizzera, Italia e Francia. Ma non solo, dalla confessione di Scalonesi emerge anche un fatto dai risvolti misteriosi e che sembra nascondere qualcosa che va ben oltre la “semplice” evidenza. In effetti a un certo punto la storia sembra ribaltarsi fino a proiettare il killer all’interno di uno spietato intrigo internazionale.
La domanda da porsi è piuttosto questa: ma Antonio Scalonesi è davvero chi dice di essere oppure è un abile millantatore che riesce a destreggiarsi abilmente fra menzogna e verità?
4) Immagino che la tua carriera da ex poliziotto abbia influito molto nella nascita di questa storia. Ci sono episodi che hai vissuto in divisa ai quali ti sei ispirato per la storia di Antonio Scalonesi?
In effetti l’idea di questa storia parte oltre 20 anni fa, a seguito di un paio di episodi che mi videro protagonista quando ancora ero un agente del corpo delle Guardie di Confine svizzere (corpo di polizia paragonabile alla Guardia di Finanza italiana). A quei tempi mi capitò di eseguire due arresti assai impegnativi, uno in particolare a Basilea, quando fermai un personaggio pluriricercato per rapina a mano armata e crimini diversi contro le persone. In risposta alla mia domanda se fosse armato, senza tanti giri di parole il tizio mi disse che se fosse stato armato di certo non si sarebbe fatto arrestare.
Non fu tanto la sua risposta a colpirmi, quanto il tono della stessa. il senso era chiaro, se lui fosse stato armato io e i miei colleghi probabilmente saremmo morti. Non era una questione personale. Semplicemente per questo uomo sparare a un altro essere umano poteva considerarsi tutt’al più un incidente di percorso.
Un secondo caso fu il fermo di un rapinatore al valico di Stabio. In quell’occasione rimasi impressionato dal modo di mentire spudorato di questa persona, dalla sua abilità nel mescolare le carte per arrivare a incantare chi stava dall’altra parte.
Questi due personaggi, sebbene li abbia potuti avvicinare solo per poco tempo, hanno contribuito in modo importante nell’abbozzo del carattere di Scalonesi, che poi un po’ alla volta è andato a profilarsi autonomamente.
5) La trattazione psicologica di Scalonesi è approfondita nei minimi dettagli ed il lettore ha la possibilità di leggere il carattere e i pensieri di questo personaggio a tutto tondo. Per rendere così reale Scalonesi hai affiancato qualche professionista o ti sei ispirato a qualche altro autore in particolare?
Ovviamente ho letto molti testi e biografie inerenti diversi veri serial killer europei e di altri continenti, anche se in verità, per riuscire a portare a compimento l’opera, è stato basilare l’aiuto di diversi specialisti che hanno voluto collaborare con me. In particolare, per quanto riguarda la questione dell’aspetto psicologico di Antonio Scalonesi, indubbiamente è stato molto importante l’apporto dello psichiatra e criminologo Dott. Orlando del Don e degli avvocati Amanda Rueckert e Giovanni Martinez (quest’ultimo già difensore di Bernardo Provenzano). È certamente grazie a loro che il protagonista del mio romanzo riesce ad apparire così vero, nudo e crudo.
Ovviamente anche la collaborazione del già capo della polizia scientifica del Cantone Ticino, l’ex commissario Emilio Scossa Baggi, è stato molto importante, seppure in questo caso piuttosto nel senso della comprensione dei meccanismi che possono contribuire alla realizzazione del delitto (quasi) perfetto.
6) Quale messaggio volevi trasmettere con questo romanzo?
Volevo raccontare una storia differente da quelle che si trovano solitamente in libreria, cercando anche di trasmettere il senso di oppressione della parte nera nascosta in ogni essere umano e che qualche volta in alcune persone arriva ad esplodere, con conseguenze spesso imprevedibili.
7) A che tipo di lettore lo consiglieresti?
Questo romanzo è un thriller duro, sia nel linguaggio (che rimane esattamente originale al personaggio, senza alcun tipo di “ripulitura”) che nelle azioni. È quindi un racconto che si indirizza a coloro che amano quel genere di lettura. È però anche un libro che obbliga il lettore a confrontarsi con la coscienza nera che alberga in ognuno di noi. In questo senso si può dire sia adatto a tutti.
L’AUTORE
Davide Buzzi nasce il 31 dicembre 1968 ad Acquarossa (Svizzera). Cantautore e autore, inizia la sua carriera
artistica nel 1982 accanto a Giampiero Albertini e Franco Diogene nel film in “L’oro nel camino”. Nel 1993 pubblica il suo primo cd, “Da grande”, cui seguiranno “Il Diavolo Rosso: Romaneschi” (1998), “Perdo pezzi”
(2006), “Non ascoltare in caso d’incendio” (2017) e, nei prossimi mesi, “Radiazioni sonore artificiali non
coerenti”.
Nel 2013 pubblica il suo primo libro di racconti dal titolo “Il mio nome è Leponte… Johnny Leponte” e nel 2017 il racconto breve “La Multa”.
Negli anni ottiene importanti riconoscimenti internazionali quali la "Targa Città di Milano" (1997), il “Premio Città San Bonifacio” a Verona (2000) e il “Premio Myrta Gabardi” a Sanremo (2002).
Nel 2012 ottiene due nomination agli ISMA Award di Milwakee (USA) per la canzone “The She Wolf”.
Nel 2013 ottiene una nomination i NAMMY Award di Niagara Falls (USA) per la canzone “The She Wolf”.
Fotografo di formazione, è attivo anche nel campo del giornalismo come membro di redazione del mensile
“Voce di Blenio” e, da diversi anni, come inviato speciale di Radio Fiume Ticino al Festival di Sanremo.
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