Cari lettori, oggi la nostra Lucrezia Medici ci parlerà di un libro meraviglioso: “Petali e altri racconti scomodi” di Guadalupe Nettel, edito da La nuova frontiera.
Trama
Come suggerisce il sottotitolo, si tratta di una raccolta di racconti. Questi che la Nettel ci propone, però, sono racconti dall’imperfetta bellezza, che esaltano l’intimità quotidiana nelle sue varie sfacettature, anche in quelle più oscure. Quest’autrice, fotografa dei momenti ma non si ferma solo a questo: ci addentriamo, insieme ai suoi personaggi, nei meandri più profondi della vita, con una precisione chirurgica disarmante e allo stesso tempo, con una delicatezza rara.
Guadalupe Nettel
È nata a Citta del Messico nel 1973 , lavora come traduttrice e insegnante a Barcellona, dove risiede attualmente.
Ha scritto quattro raccolte di racconti, tre romanzi e due saggi.
Con “Petali e altri racconti scomodi“, in particolare, Guadalupe Nettel con uno stile affilato e profondo, porta il lettore nel disagio delle donne e degli uomini, rendendo la diversità più bella della normalità, esaltando la crepa e non la sua copertura, indagando la natura umana e i disagi che portiamo nell’anima fin dall’infanzia.
Riflessioni
Dal primo racconto che ho letto, ho compreso da subito che questa lettura avrebbe affrontato, in maniera particolare, eccentrica e minuziosa dei temi che a me sono molto cari: ossessioni, infanzia, solitudine, quotidianità, attimi e disagio.
Ciascun personaggio porta con sé un lato nascosto, spesso esploso durante l’infanzia, oppure affiorato in età adulta prendendo il sopravvento come un’onda.
I protagonisti di questo libro, si abbandonano ai loro desideri, altri invece li reprimono fino a che l’istinto non rivela la loro vera natura.
Non è stato facile lasciarmi trasportare da queste vite, dove la normalità e l’anormalità sono ad un confine sottile , labile e spaventoso, dove l’oscurità e l’imperfezione vengono esaltati con una umanità e delicatezza difficili da trovare in un libro.
Tra tutti i racconti presenti, mi è rimasto nella mente e nel cuore “Bonsai“. Non perché gli altri non siano degni di menzione, ma voglio sceglierne uno da analizzare per non togliervi il piacere di scoprire quali sono gli altri personaggi che animano questa meravigliosa raccolta.
È il racconto centrale, su cui orbitano gli altri, che ha attirato maggiormente la mia attenzione, spiazzandomi letteralmente. Mi ritrovo ancora oggi, a distanza di giorni, a ripensare a quella storia, tanto inquietante, quanto bella, tanto irreale quanto reale e concreta. Troppo concreta.
“Bonsai” ci porta a conoscere la vita di un uomo giapponese, sposato, che è insofferente e non felice della sua serenità familiare. Trascorre, infatti, la maggior parte del tempo libero in solitudine, per timore che la moglie Midori gli occupi queste ore della giornata con i classici lavori di casa “da uomo” che sembrano obbligatori.
Quest’uomo, ritrova la pace e la quiete in un parco, passeggiando all’aria aperta in silenzio. Un giorno la moglie si propone di accompagnarlo in questa passeggiata. Il marito si ritrova a condividere questo spazio, che finora era stato solo suo, con Midori.
La moglie gli parla di una serra che si trova all’interno del parco di Aoyama, di cui ha nel cuore un tenero ricordo di quando era più giovane: qui vi era un giardiniere anziano, che le raccontava le storie delle piante, ma in modo così profondo da mettere a disagio i suoi compagni di classe, mentre lei ne rimaneva affascinata.
Il marito, si interessa talmente tanto del ricordo di Midori, da tornare nel parco e in quella serra per cercare questo misterioso giardiniere.
Ed è proprio da qui, dalla conoscenza con il vecchio giardiniere, che l’uomo scopre di avere affinità con i cactus, comprendendo qual è la sua vera natura, nascosta fino a quel momento, e anche la vera natura della moglie…
“Più guardavo i cactus, più li capivo. Di sicuro si sentivano soli in quella grande serra, incapaci di comunicare tra loro. I cactus erano gli outsider della serra, outsider che non condividevano altro se non il fatto di essere tali e, quindi, di stare sulla difensiva. Se fossi nato pianta, riconobbi tra me e me sarei appartenuto senz’altro a questo genere.”
Questi racconti perseguitano il lettore anche a distanza di giorni, facendogli varcare le soglie della follia, per poi svelare la vera realtà, così com’è, senza per forza arrivare a un lieto fine.
Questo è un libro che ci regala la descrizione del quotidiano, delle cose vere , della bellezza degli avvenimenti, anche i più struggenti, senza avere il tentativo di alleviare i protagonisti dalle loro pene.
È un libro coraggioso, sull’identità umana, sulle debolezze, sulle paure, sulla perfezione del destino.
(RECENSIONE DI LUCREZIA MEDICI)
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