Cari lettori, la nostra Lina Morselli condivide con noi una lettura molto bella: “La quarta parete” di Sorj Chalandon (Keller Editore)
Questo libro ha vinto i più prestigiosi premi letterari di Francia e del Quèbec, chiunque l’abbia letto ne è rimasto profondamente colpito, chiunque lo leggerà scoprirà di non riuscire a ricominciare subito un’altra storia: dovrà aspettare, riflettere, lasciare sedimentare, e ripassare gli eventi degli ultimi 60 anni.
TRAMA
Georges è un giovane militante di quella grande stagione iniziata a Parigi col Maggio Francese nel 1967/68, e durata fino alla prima metà degli anni ’70. Crede che la fantasia detterà un nuovo ordine mondiale e spazzerà via la borghesia, si sente testa e cuore dentro alle tragedie dell’America Latina e sa bene cos’abbia significato la dittatura dei colonnelli in Grecia. Georges affronta la lotta in tutte le sue componenti, tra gruppi di militanti avversi ci si massacra, e non c’è poliziotto che non venga considerato un nemico personale da eliminare per primo, come in guerra. In questo contesto violento ed esaltante insieme, Georges conosce Aurore, che diventa sua moglie, conosce Samuel, regista greco sopravvissuto alla persecuzione fascista in Grecia e stabilisce con i due un legame fortissimo. Con Aurore tale da lasciare la lotta violenta e ricostruire la sua vita nel grande amore per la moglie e per la figlia avuta con lei. Con Samuel fino a promettergli, prossimo alla morte, di realizzare il grande progetto: allestire la recita di Antigone, nella riscrittura di Anouilh, nel centro della Beirut in preda alla guerra. I dettagli sono già concordati e vanno solo confermati: gli attori dovranno provenire dalle parti in guerra fra loro; il luogo è uno spazio a cavallo fra i confini che delimitano le rispettive zone occupate; i comandanti delle fazioni devono accettare una tregua per la durata della recita; la colonna sonora deve essere il Requiem di Duruflè. Samuel ha già predisposto tutto, ora Georges deve solo andare a Beirut, riprendere i contatti con gli attori e con i capi militari, e con loro stabilire una data precisa. Poi potrà tornare a Parigi, e ripartire solo per il tempo necessario alla recita. A Beirut Georges viene letteralmente scaraventato nella guerra vera, che ha ben poco a che fare con il clima di tensione vissuto a Parigi: qui attori e attrici, persino l’autista che deve scarrozzarlo ai quattro lati della città, sono pedine di un ingranaggio accomunato dal mitra e dall’incombenza della morte. Eppure tutti, uomini e donne, Antigone e Creonte, e tutti gli altri personaggi della tragedia greca, sono pronti, riprendono in mano il copione e si preparano a fare una prova, nella piazza palcoscenico, con le macerie che fanno da scenografia.
Uomini e donne si rivelano nelle loro debolezze e nelle loro storie, e nell’orgoglio di essere voce delle loro genti, tutti convinti di essere dalla parte del giusto, prima vittime di disegni più grandi di loro e poi pedine del gioco più serio che si possa immaginare, quello che per posta ha la vita. Georges dovrà fare due viaggi a Beirut prima di definire la data della tanto sospirata “prima”. Ma quella data cade proprio in un evento che sconvolgerà gli equilibri, si vestirà di orrore, urlerà al mondo: la strage di Shabra e Shatila, ad opera dei cristiani maroniti, con la complicità silenziosa dell’esercito israeliano.
IL SIGNIFICATO DEL TITOLO
Confermo la mia scelta di non rivelare il finale dei libri di cui parlo, perché qui il vero senso della storia non sta nel finale, seppur significativo: verrà davvero rappresentata Antigone di Anouihl, a Beirut? Sopravviveranno tutti gli attori? Samuel vedrà il filmato della recita prima di morire? Georges continuerà a vivere con la moglie e la figlia? Stavolta, leggere il libro non serve solo a dare risposta alle domande, la vera struttura portante, il vero messaggio di tutta questa storia straordinaria sta nella forza del teatro e nel ruolo della cultura nella vita quotidiana. E qui sta il significato del titolo del libro: cos’è la quarta parete? Riprendo la definizione che lo stesso Chalandon ci fornisce, a pag. 37:
“Una facciata immaginaria, che gli attori costruiscono a bordo scena per rafforzare l’illusione. Una muraglia che protegge i loro personaggi. Per alcuni un rimedio contro il panico. Per altri il confine del reale. Un recinto invisibile, che a volte rompono con una battuta rivolgendosi alla sala”.
Alla fine della lettura, ci chiediamo: con quale battuta gli attori avrebbero potuto rompere la quarta parete, rivolgendosi al loro pubblico? E ancora: con quale battuta si può abbattere il nostro confine del reale?
LA FORZA DEL TEATRO
È il miracolo del Teatro, che si ripete sempre uguale e sempre diverso fin dall’alba della civiltà: nascono le città e subito appare il teatro, perché è necessario, perché attraverso il teatro si può dire e vedere, perché nel teatro l’uomo afferma la propria posizione al vertice della piramide vitale, perché il teatro è veicolo, metafora, costruttore della cultura e dello scambio necessario alla sua diffusione. Samuel sa tutto questo, l’ha già vissuto durante la dittatura greca, sa che solo con un gesto di cultura si può dimostrare che gli uomini restano umani e in loro sopravvive la scintilla della pace. Senza tutto ciò, lo spazio è solo della barbarie, si torna alla dimensione animale, si apre a violenza, crudeltà e massacro.
LA FASCINAZIONE DELLA VIOLENZA
L’altro grande pilastro di questo libro sta nella fascinazione morbosa e perversa della violenza. Dalla violenza urbana della sua giovinezza, Georges può e vuole uscire, la rifiuta, preferisce la sua famiglia, da lui vissuta come la sua quarta parete parigina. Ma la violenza della guerra lo spiazza, lo stravolge, lo ossessiona, ne subisce il fascino orrido. Potente, qui, si fa la denuncia del pericolo subdolo e proprio per questo devastante: il sangue, la morte, il massacro, possono produrre dipendenza, abbattono ogni tentativo di quarta parete e non consentono alternative. Per questo più volte la narrazione si fa dura e spietata, ma mai morbosa o sovrabbondante: serve descrivere, scendere nei dettagli del male, è obbligatorio vedere senza girarsi dall’altra parte. Bisogna avere il coraggio di affrontare la nostra natura fino in fondo, e ripartire per cambiarla.
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