Breaking News:

a te che hai guardato muta

A te che hai guardato muta

Autore: Diana Bosnjak Monai

Editore: Besa Muci

Categorie: Libri | Lina Morselli

Cari lettori, oggi la nostra Lina Morselli ci porta a Zagabria alla scoperta del romanzo “A te che hai guardato muta” di Diana Bosnjak Monai, edito Besa Muci. L’autrice era presente al Festivaletteratura di Mantova del 2019.

Il confronto fra generazioni è spesso oggetto d’indagine letteraria, e proprio per questo chi si cimenta su questo argomento lo fa a suo rischio e pericolo, tanti sono gli esempi illustri con cui competere. Meglio quindi chiarire subito che il romanzo di Diana Bosnjak Monai brilla di luce propria e ben si inserisce fra le narrazioni da prendere ad esempio. Il contenuto è anticipato da una copertina di estrema eleganza: due vecchie chiavi, una leggermente più piccola dell’altra, appoggiate su un manoscritto. Non per nulla le protagoniste sono due, una giovane donna e un’anziana signora, con le loro testimonianze di storie e vite, anche scritte a mano, a tracciare un solco su carta, per preparare il terreno della memoria.

IL CONTENUTO

Mary lavora in una casa di riposo a Zagabria, e deve assistere una signora di ben 106 anni, indebolita dagli anni e ormai cieca, ma lucidissima e ancora disponibile al confronto con gli altri. Inizia così, senza strepiti e con estrema naturalezza, un dialogo fra le due donne, entrambe emotivamente pronte a viversi in un rapporto profondo, dove le parole “affetto” e “amicizia” ritrovano tutto il loro senso esclusivo e raro. 

La signora Bohem, che Mary chiamerà Nonna, ha vissuto una storia lunghissima, dagli ultimi echi dell’Impero Austro Ungarico ai nostri giorni, passando attraverso due guerre mondiali, in un territorio instabile e più volte conteso. La storia pesa, ma ancora di più, in questo romanzo, pesano i pensieri, i modi di vita, le tradizioni, il coraggio e la libertà personale, gli ostacoli pratici ed emotivi, gli amori e le perdite. La cecità per la Nonna non è che un ennesimo fastidio, che non le impedisce di ascoltare, di emozionarsi, di ridere, persino di “vedere” ancora il mondo di adesso, attraverso gli occhi di Mary. La quale a sua volta racconta e rivive la sua storia, compreso il suo vissuto del periodo che ha segnato la fine della Jugoslavia. Mary è incerta sul suo futuro, sul suo amore, su se stessa, ma ha la fortuna di parlare con la Nonna. Si stupiscono a vicenda, le due donne, quando parlano dei propri tempi, dei propri modi, delle libertà e delle licenze in contesti sociali diversi, persino del corteggiamento. Ma l’essenza dei rapporti umani non cambia, non sono certo l’età, né i grandi eventi ad impedire la vicinanza e la solidarietà. 

Una volta tanto, si può svelare parte del finale: la Nonna morirà, lascerà a Mary il suo appartamento e la chiave per aprire il primo cassetto, dove ci sarà uno scritto, che Mary dovrà leggere.

COSA C’E’ NEL PRIMO CASSETTO

Non si tratta della mappa del tesoro, ma di un altro tipo di mappa, esclusivamente morale, una sorta di ultima riflessione / testamento su quanto la Nonna ha vissuto, visto, e sofferto, 24 pagine tutte d’un fiato, di disillusione e disincanto nei confronti delle sirene ideologiche, che mai mantengono le loro promesse, ma anche un incitamento al coraggio, alla ricerca della libertà e della giustizia. Soprattutto, con una forza insospettabile e commovente, la Nonna parla alle donne, prima di tutto alle donne delle sue terre, alle donne dei Balcani, troppe volte vittime e succubi, sacrificate alla logica delle guerre e degli stupri, il cui dramma e il cui riscatto vanno oltre i confini geografici e diventano patrimonio di ognuna di noi. “Tu, che hai guardato muta … Adesso devi dire basta. … Le nostre figlie dovrebbero ribellarsi e dire basta. Non subire in silenzio”.

Ai lettori il piacere di scoprire cosa, invece, accadrà a Mary.

LETTERE DALL’ITALIA

La grande storia, le donne, e ancora i diari, sono chiavi di lettura di questo romanzo complesso. Non c’è infatti solo il diario finale: i racconti della Nonna hanno un andamento tipico di chi tiene una cronaca scritta, ma emerge potente anche una singolare corrispondenza del nonno di Mary, prigioniero di guerra in Italia nel 1943. Per noi la prospettiva è insolita e preziosa: qui i carcerieri siamo noi, i campi di prigionia sono i nostri, la testimonianza dei vinti di allora addita noi come guardiani. La verità storica è garantita dalla reale provenienza delle lettere, firmate da Puniequation.pdfa Kalezić, coltissima personalità del giornalismo e della cultura bosniaca e di Sarajevo, nonno della scrittrice, in gioventù prigioniero prima ad Aversa e poi a Sulmona. 

LA TORTA DOBOS 

C’è un ultimo filone narrativo, ultimo solo in ordine di descrizione, ma in realtà fra i primi elementi portanti di tutto il romanzo: la Nonna e Mary si scambiano ricette, in particolare la giovane impara dall’anziana i segreti di varie pietanze, l’importanza dei colori e degli odori, le cotture, gli impasti, dal pane ai dolci, qui signori assoluti (la Nonna da giovane era pasticciera). E fra tutti, regale e abbondante, ipercalorica e assoluta, la torta Dobos sprigiona tutto il suo lusso e la sua ricchezza. “La Dobos è come la vita. Complicata. Sedimentata … Grassa come il burro, morbida come il pan di Spagna … Senza pensare alle calorie! In caso contrario, meglio non avvicinarsi neppure. Sarebbe come rifiutarsi di vivere appieno per paura di essere feriti”. C’è una storia parallela anche per la sarma, leggendario piatto balcanico di involtini di carne in foglie di cavolo nero, ma qui la lasciamo in sospeso, e l’affidiamo alla curiosità dei lettori.

L’AUTRICE

Diana Bosnjak MonaiDue parole su Diana Bosnjak Monai, architetto, pittrice, disegnatrice, arredatrice, è di Sarajevo (e resta molto legata alle sue origini e alla sua città), ha studiato e vissuto a Zagabria e in Slovenia, ora vive e lavora a Trieste. Parla correntemente il serbo croato, lo sloveno, l’italiano, l’inglese, il francese e il tedesco. Ha scelto di scrivere in italiano, ricercando la semplicità propria di chi vuole escludere gli effetti speciali e arrivare così dritto al cuore di chi legge. La sua formazione culturale la rende competente in fatto di armonia, bellezza, originalità, e forse proprio per questo è riuscita a tenere in perfetto equilibrio narrativo vicende complesse, piani di lettura diversi, voci molteplici, epoche fra loro lontane, riflessioni e racconti, passato e presente, geografia e storia, il drammatico e il comico, citazioni letterarie (ce ne sono moltissime!) e alta cucina. Diana Bosnjak Monai possiede il piacere della scrittura, e a noi, grati e ammirati, non resta che il piacere della sua lettura. 

 

(RECENSIONE DI LINA MORSELLI)

Chi sono

31 anni, blogger, agente letteraria e mamma di Gemma e Tessa. Credo fermamente nella bibliodiversità e nelle realtà editoriali indipendenti, le quali spesso nascondono perle di cui pochi sono a conoscenza.

Loading

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *