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echi del silenzio

Echi del silenzio

Autore: Guat Eng Chuanh

Editore: Le Assassine

Categorie: Libri

Cari lettori, oggi torno a parlarvi di una pubblicazione della casa editrice Le Assassine: “Echi del silenzio” di Guat Eng Chuah.

L’AUTRICE

Guat Eng Chuah è la prima autrice malese che scrive e pubblica in lingua inglese e che fa del genere “giallo” un mezzo di critica sociale, prestando attenzione a non incorrere nella censura e nelle leggi punitive del suo Paese. Discendente di immigrati cinesi, i peranakan arrivati in Malesia tra il XV e il XVII secolo, è nata nel 1943 a Rembau, una piccola città del Negeri Sembilan. Oltre a “Echi del silenzio“, ha scritto un secondo romanzo, “Days of Change” e diverse raccolte di racconti, di cui alcune sono state tradotte in malese, cinese, spagnolo e sloveno. È stata lettrice di letteratura inglese all’università di Malaya Kuala Lumpur e anche alla Ludwig-Maximilian di Monaco. Oltre a essere una scrittrice, Chuah Guat è consulente di comunicazione e attualmente insegna part-time letteratura e scrittura creativa alla Nottingham Malaysia University e alla facoltà di cinema e arti multimediali di Johor.

TRAMA

Durante un soggiorno di studio in Germania, Ai Lian, una giovane malese di etnia cinese incontra e s’innamora di Michael Templeton, un inglese nato e cresciuto nel distretto di Ulu Banir, dove il padre Jonathan Templeton, ora cittadino malese, possiede una piantagione.

Dopo una lunga assenza, Ai Lain ritorna a casa per assistere il padre malato e morente e, in seguito, parte per la piantagione dei Templeton, dove intende trattenersi per conoscere meglio la famiglia di Michael. Nel giorno del suo arrivo ha però luogo un omicidio, il secondo a distanza di decenni, e Ai Lian si trova ben presto coinvolta in un’intricata storia familiare.

Ma il thriller, oltre alla ricerca del colpevole, con un finale davvero inconsueto per il lettore occidentale, offre molto di più: uno spaccato della Malesia e della sua storia fino ad arrivare agli anni che precedono l’Indipendenza del Paese, con gli inglesi che governano le piantagioni cercando di replicare il loro stile di vita, pur cedendo al caldo tropicale e ai costumi locali.

STORIA DELLA MALESIA

Subito dopo i disordini razziali del maggio 1969, a seguito dei quali il governo malese mise in atto una politica nazionale diretta a usare la lingua malese sia nell’ambito dell’istruzione che della burocrazia, a scapito dell’inglese e di altre lingue minoritarie, si venne a creare l’idea che l’utilizzo dell’inglese in letteratura, a cui in passato facevano ricorso i malesi di tutte le etnie, fosse un tradimento e rappresentasse un legame con i vecchi colonialisti.

Tra il 1980 e il 1990 si susseguirono poi in Malesia una serie di leggi che portarono a un’erosione dei diritti e delle libertà individuali, leggi che tuttora gravano sulla società con un impatto sulla possibilità di scrivere, esprimersi e parlare liberamente. Così la scrittrice si è dovuta confrontare con questo cambiamento sia sociale che linguistico, visto anche che per lei l’inglese è la prima lingua e non si sente in grado di esprimersi pienamente in malese.

L’IMPORTANZA DELLA NARRAZIONE

A causa della storia del suo paese, la scrittrice si è dovuta confrontare con questo cambiamento sia sociale che linguistico, visto anche che per lei l’inglese è la prima lingua e non si sente in grado di esprimersi pienamente in malese.

Il mistery diventa allora uno strumento per simbolizzare tutto quello che non va, un modo per chiedersi come si può tollerare l’ingiustizia e i crimini rimasti irrisolti e non coprire i misfatti con una coltre di silenzio. Significa chiedersi perché i suoi compatrioti hanno accettato questa violazione della giustizia e della verità. Forse è una percezione dell’autorità ereditata dal passato colonialista? O sono le varie culture e psicologie presenti nel Paese che portano ad accettare e anche a contribuire al silenzio e alla disinformazione che frustrano ogni ricerca di verità e giustizia?

CHE GENERE NARRATIVO SCEGLIERE?

Ritornando alla scelta del genere narrativo, c’era un ulteriore problema da risolvere. A chi ispirarsi per un mistery, così poco diffuso in Malesia? Agatha Christie? PD James? Mary Higgins Clark? L’autrice ritiene che la crime fiction americana e britannica sia caratterizzata da una moralità in bianco e nero e con un percorso ben delineato per arrivare al trionfo della giustizia, che non si adatta alla sua mentalità e più in generale alla realtà malese: non che intenda dire che i malesi siano amorali o manchino di un senso naturale della giustizia, ma che indipendentemente dalla loro etnicità non sono portati a chiedere il sangue di chi sbaglia. Sentono orrore e rabbia per i crimini, ma non vi è zelo per la giustizia e la punizione terrena.

CONCLUSIONE

Nel libro vi è dunque un intrecciarsi di temi che mettono in evidenza non solo il diverso approccio alla vita dei singoli appartenenti alle diverse comunità (britannica, cinese, malese), ma anche i rapporti interraziali, di classe e tra sessi, coprendo un ampio periodo della storia di questo Paese, che ci riporta agli anni precedenti la seconda guerra mondiale. Ma essendo un crime non mancano due omicidi che avvengono nel quadro di una complessa rete di relazioni, dove un destino beffardo pare riproporre certi schemi invertendo però le parti.

Così sotto i nostri occhi Chuan Guat comincia a tessere una lunga e complicata trama, che in effetti a ogni passo si fa sempre più fitta tanto da chiedersi se mai verranno sciolti tutti i nodi. Ma alla fine, come nel più classico dei gialli occidentali, questi verranno effettivamente dipanati.

Chi sono

29 anni, blogger, agente letteraria e mamma di Gemma. Credo fermamente nella bibliodiversità e nelle realtà editoriali indipendenti, le quali spesso nascondono perle di cui pochi sono a conoscenza.

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