Leggendo “All’una e trenta” di Isabel Ostrander, edizioni Le Assassine, mi sono trovata catapultata nella New York d’inizio ‘900. Sono stata presa per mano e ho seguito con interesse e curiosità un’indagine su un delitto che, fino alla fine, ha saputo catturarmi e sorprendermi, senza però scoprire mai le carte. Confesso che più di una volta mi sono ritrovata a riflettere su chi potesse essere il colpevole.
LA TRAMA
La facoltosa famiglia Appleton, una delle più in vista dell’altra società newyorkese, viene sconvolta dall’assassinio del primogenito Garret. Un atroce omicidio è stato compiuto all’interno della sua casa e, a investigare al fianco della polizia, viene chiamato proprio dalla madre del defunto un detective privato: Daemon Gaunt. Nel corso della sua indagine il signor Gaunt, dai modi sempre gentili e persuasivi, porterà a galla dinamiche familiari tenute nascoste, nonché eventi passati che getteranno più ombre che luci su tutta la faccenda.
IL DETECTIVE
Daemon Gaunt, però, non è un detective come gli altri. Essendo cieco dalla nascita, farà affidamento sui suoi sviluppatissimi sensi e su un’arte investigativa decisamente brillante. Più di una volta metterà in risalto la sua capacità di osservazione lasciando i suoi interlocutori a bocca aperta. Per tutto il romanzo delizierà il lettore con queste piccole vanità, come a far intendere che, nonostante sia cieco, riesca a vedere molte più cose degli altri.
CONCLUSIONE
Il giallo di Isabel Ostrander si legge molto piacevolmente. Chi apprezza la più conosciuta Agatha Christie, troverà in quest’autrice una degna concorrente.
0 commenti